Danno da ritardo termini e diritto al risarcimento

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La semplice violazione del termine per la conclusione del procedimento non determina da sola la responsabilità della pubblica amministrazione per danno da ritardo.

Il caso

Una società ora in liquidazione aveva richiesto al ministero delle Politiche Agricole e Forestali l’emanazione di un provvedimento dichiarativo dello stato di calamità naturale e la successiva concessione del contributo previsto dal Dlgs 154/2004.

L’Amministrazione aveva però risposto con estremo ritardo, concedendo sì l’indennità, ma in quantità minore rispetto alla richiesta, per effetto dell’intervenuta più sfavorevole normativa.

La società allora aveva impugnato il provvedimento di fronte al Tar Lazio, richiedendo da una parte l’annullamento dell’atto e dall’altra il risarcimento del danno dovuto all’ingiustificata inerzia dell’amministrazione; la quale, a fronte di un termine di 90 giorni, si era pronunciata con un ritardo di oltre due anni.

Ad avviso della ricorrente dalla natura ordinatoria del termine non poteva certo farsi discendere che quest’ultimo potesse essere impunemente violato senza temere alcuna conseguenza risarcitoria. A essere tutelato dall’articolo 2-bis Legge 241/1990 è infatti il tempo come bene della vita. Il Tar capitolino ha rigettato il ricorso e la società ha presentato appello al Consiglio di Stato.

Il diritto

Con la sentenza n. 8337/2019il Consiglio di Stato ha dichiarato non fondato l’appello respingendo il ricorso.

Il collegio, riprendendo le argomentazione del giudice di prime cure, ha affermato che dalla semplice violazione del termine per la conclusione del procedimento, che non ha natura perentoria, non discende di per se la responsabilità della pubblica amministrazione per danno da ritardo, secondo una nozione meramente calendaristica e formale dei tempi procedimentali. Occorre invece che questo danno sia imputabile alla Pa in forma di inerzia immotivata e/o di inescusabile negligenza.

Il Consiglio di Stato inoltre ha preso atto che i tempi per l’emanazione del provvedimento avevano subito un sensibile allungamento per la complessità della procedura che aveva caratterizzato l’accertamento dell’evento calamitoso.

L’accurata ricostruzione dell’iter procedimentale effettuato dal primo giudice – e non interamente contestata – ha quindi smentito le argomentazioni dell’appellante.

Di qui l’infondatezza del ricorso, che a torto aveva invocato la contraddittorietà della decisione del Tar; il quale, invece, da un lato, aveva correttamente affermato la natura ordinatoria del termine per la conclusione del procedimento, e negava dall’altro l’esistenza di un ritardo ingiustificato imputabile alla negligenza del Ministero.